Per questa installazione sono partito dall’assonanza della parola Ku Klux che ripreso dal greco Kuklos significa cerchio, inteso anche come cerchia, gruppo. Il cerchio rimanda al concetto di tempo che per molti filosofi greci è rappresentato come un circonferenza che inizia e finisce nello stesso punto: ha un andamento circolare e non rettilineo. Il collegamento tra tempo e forma si connette all’ “eterno ritorno” di Nietzsche concetto base dell’ opera: l’eterno ritorno di tutte le cose riguarda anche il male (Calasso, 1991). Da questo la decisione di usare il KKK come simbolo del male e del maligno. La sensazione prevalente è quella di trovarsi in un ambiente in cui ci si sente esclusi, insicuri, impauriti. Si accumula così la frustrazione, che poi si trasforma in rabbia conducendo alla voglia di distruggere, di eliminare. Il periodo contemporaneo non è violento, è distruttivo. Il desiderio di guerra sembra dominare questo scorcio di tempo: aumenta la produzione di armi, torna lo spettro nucleare . La distruzione rende il periodo attuale fragile e frammentario. Ecco si manifesta l’individualismo, sui nazionalismi esasperati mascherati da una vuota esigenza identitaria. Vittorino Andreoli, in un’ intervista per Huffpost Italia, riflette sulla situazione: “ […] In questo momento storico in cui domina l’assurdo, noi siamo l’homo stupidus stupidus stupidus.[…] Tutti pensano a se stessi. Nessuno pensa che siamo un Paese. E questa è stupidità.” (2018) L’opera prende forma scultorea, una figura incappucciata in bianco è stesa al centro della piattaforma intesa per il supporto, ai suoi piedi si erge una scala in rosa. La dinamica è grottesca, un possibile membro del KKK giace a terra dopo una rovinosa scalata verso l’ ascesa al potere. La caduta è stata teorizzata e sviluppata con l’ artista romano Sandro Giordano, in arte Remmidemmi, in una collaborazione atta ad unire quest’ opera in rosa con la sua firma distintiva nel tema della caduta. La collocazione dell’ opera avviene nei pressi della Monumento del Traforo del Frejus, Piazza Statuto, Torino. Il monumento piramidale si presta al progetto per la sua importanza storica e artistica. Nella composizione sei Titani in agonia si protendono verso la cima della montagna, dimora del il Genio Alato. Contestualizzata al periodo storico della creazione, la statua rappresenterebbe un’allegoria della vittoria della Ragione (il Genio Alato) sulla forza bruta (i Titani). Ecco allora il parallelismo: Il personaggio, metafora del maligno, odio e disprezzo, tenta di impossessarsi del sapere salendo verso l’apice del monumento quando il piolo della scala rosa spazzandosi pone fine alla sua salita, creando un’ ironica caduta.
Ne parla La Stampa di Torino con articolo di Bernardo Basilici Menini
5-01-2019
a me sembra inquietante al punto giusto. complimenti